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TestimonianzeTetraplegia

La storia di Alberico. Cannabis terapeutica nella tetraplegia spastica

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Alberico è un ragazzo pugliese che soffre di tetraplegia spastica e che grazie alla cannabis riesce a mantenere un livello di vita più sereno e dignitoso. Ma per ottenere la cannabis terapeutica nella tetraplegia ha dovuto combattere. 

Mi chiamo Alberico Nobile, ho 36 anni e vivo a Taranto. Sono perito informatico, attualmente disoccupato.

Soffro di tetraplegia spastica. Un incidente stradale avvenuto nel 1995 mi ha causato una lesione midollare cervicale (c3-c4-c5). Ho provato vari antidolorifici e miorilassanti: Bacoflene,Tiocolchicoside, Tizanidina, per calmare i dolori e gli spasmi muscolari, con risultati appena sufficienti e con effetti collaterali molteplici quali problemi renali, secchezza delle mucose, problemi di salivazione, persistente stato di sonnolenza e improvvisi stati confusionali. Questi effetti collaterali sono comuni nei principi attivi sopra citati, ovviamente le reazioni sono soggettive, ma ho riscontrato le stesse problematiche nella maggior parte dei pazienti che ho conosciuto.

La cannabis terapeutica nella tetraplegia

Nel 1996, al momento di essere ricoverato, mi trovavo in Germania e sono venuto a conoscenza dei benefici della cannabis osservando alcuni pazienti, con patologie simili alla mia, che la utilizzavano in alternativa ai farmaci comuni e con ottimi risultati. Da quel momento, dopo averla provata personalmente, ne compresi le potenzialità e cominciai a consumarla, abbandonando gradualmente tutti i miorilassanti e gli antidolorifici.

Infatti, durante i primi due anni di disabilità, tutti i giorni regolarmente per 3 volte al giorno prendevo miorilassanti come il Bacoflene (ho cominciato con 3 pillole da 5 mg per poi arrivare a 4 pillole da 25 mg) al quale sono diventato farmacoresistente dopo aver raggiunto i dosaggi massimi consentiti.

Ovviamente una volta tornato in Italia sono cominciati i problemi perché era difficile e pericoloso reperire la cannabis terapeutica di cui avevo bisogno nella tetraplegia. Per circa 18 anni mi sono dovuto rifornire al mercato nero, rischiando di avere problemi con la giustizia: per recuperare un po’ di cannabis, infatti, spesso ero costretto a recarmi personalmente, o a delegare qualche amico volenteroso, nei luoghi di spaccio, in situazioni spesso frequentate da gente legata a sostanze ben più pericolose della canapa.

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Si suol dire che la “canna” sia il primo passo verso l’utilizzo di droghe pesanti e si afferma che lo sballo della “canna” non basti e si voglia poi provare qualcosa di più forte, io invece credo che il vero motivo sia che spesso gli spacciatori non avendo cannabis propinano droghe sintetiche, mettendo così tante persone ignoranti ed inconsapevoli nel circolo vizioso delle tossicodipendenze!

Per questo penso che se fosse possibile coltivarla o acquistarla in luoghi autorizzati (cannabis social club, coffee shop) tanta gente non arriverebbe a interfacciarsi col mercato nero gestito dalla mafia che ha più interesse a vendere sostanze come eroina e cocaina perché fruttano maggiormente ed in maniera esponenziale.

Solo da qualche anno sono venuto a conoscenza che in Puglia era possibile curarsi con la cannabis, conobbi Andrea Trisciuoglio fondatore dell’Associazione LapianTiamo che mi indicò il percorso burocratico da seguire.

Dal 2014, ho la prescrizione per cannabis medica in medicina antalgica presso l’Ospedale di Taranto. Ho diritto all’ accesso gratuito al farmaco, ma precedentemente, un po’ per ignoranza e un po’ per paura di non seguire gli standard imposti, mi sono dovuto scontrare con muri burocratici e dottori riluttanti a questa terapia alternativa.

Prima di ricevere la cannabis a Taranto sono stato costretto a recarmi per due anni fino a Gallipoli, unico ospedale in Puglia che mi dispensava il medicamento. Erano 180 km di distanza, andata e ritorno. 

Perché è difficile curarsi con la cannabis

La maggior parte dei medici si rifiuta di prescrivere cannabis poiché non sono aggiornati sul suo utilizzo e proprietà terapeutiche e preferiscono prescrivere oppiacei che sono sicuramente più dannosi. Gli standard imposti sono quelli di prescrivere solo farmaci “sicuri” e conosciuti, quindi se il dottore non è informato sull’utilizzo di terapie alternative non rilascia prescrizione per non assumersene la responsabilità.

Faccio un esempio? Non si fanno certo problemi a prescriverti corticosteroidi, oppiacei o benzodiazepine, che trovi in pillole in farmacia, ma hanno paura a prescrivere cannabis sotto forma vegetale e i suoi derivati.

I benefici che traggo dall’utilizzo di cannabis sono molteplici: innanzitutto, ed è molto importante, non ho gli effetti collaterali dei comuni farmaci, i dolori e gli spasmi muscolari si alleviano in maniera esponenziale permettendomi una postura più comoda in carrozzina e migliorano la mia qualità di vita giornaliera. Senza non saprei come fare poiché ormai sono farmacoresistente ai farmaci comuni quindi, prima di avere la prescrizione, li assumevo sporadicamente ogni qualvolta mi era impossibile reperire cannabis.

Adesso che ho la prescrizione la mia vita è cambiata come dal giorno alla notte, ma purtroppo lamento sempre una grande difficoltà per ottenere il farmaco con continuità terapeutica, senza interruzioni.

Il mio piano terapeutico, in teoria, prevederebbe 4 grammi di Bedrocan ed 1 grammo di Bediol al giorno, ma spesso e volentieri riesco ad ottenerne la metà. Da gennaio 2020 a oggi, colpa anche del Corona virus che ha bloccato il paese e le importazioni, non abbiamo avuto praticamente mai accesso al farmaco, se non durante al massimo dieci giorni a febbraio. Lo scorso 22 luglio è ufficialmente tornato il Bedrocan nelle farmacie, ma ho ricevuto solo la metà della fornitura alla quale avrei diritto.

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