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Pro e contro nella terapia a base di cannabis

Mirella racconta la sua battaglia per ottenere la terapia a base di cannabis. Un corsa contro il tempo, il dolore e le remore di una classe medica spesso poco empatica e poco informata.

Vivo in Piemonte, ho 41 anni e sono infermiera di sala operatoria e rianimazione. Ormai sarebbe più preciso dire che ero infermiera perché, in seguito all’insorgere delle patologie di cui soffro, mi hanno tolto l’abilità ed oggi svolgo più che altro lavoro di ufficio.

L’adolescenza

I miei problemi di salute sono iniziati all’età di 15 anni: provavo una stanchezza disumana, sonno ingestibile, occasionali svenimenti, immense difficoltà di concentrazione e tanta fatica nel leggere.

Per tutti i medici che mi hanno visitata ero sana come un pesce, mentre alcuni si sono buttati sulla diagnosi di depressione.

Ho sempre saputo di avere qualcosa di diverso dagli altri ma non sapevo cosa fosse, stavo sempre male e più stavo male e più mi sentivo stanca e più lottavo per riuscire a fare quello che tutti gli altri facevano senza problemi.

Ho sempre combattuto per riuscire a fare tutto e di più, la notte rinascevo, da piccina infatti ero convinta di essere un vampiro e non mi spiegavo questa energia notturna.

Nel 2005 i problemi cognitivi peggiorarono, qualche problema agli occhi e alle gambe e nuova diagnosi di possibile depressione.

Nel 2007 prima gravidanza, nel 2009 la seconda e, dopo i bimbi, tutto peggiorò nuovamente fino al rientro a lavoro nell’aprile del 2009. A giugno probabile attacco epilettico in sala, durante un intervento, e quindi si ripartì per la millesima volta con un mare di accertamenti.

La tripla diagnosi

Alla prima visita dalla neurologa vennero esclusi tutti i possibili legami con patologie neurologiche e ci si indirizzò piuttosto su problemi cardiaci. Io insistevo per eseguire una risonanza e la neurologa me la prescrisse: dopo averla fatta con un tecnico mio amico mi rivestii e venni subito chiamata per vedere le immagini.

Appena le vidi mi sentii morire, il mio amico mi disse: “Ma queste lesioni non le avevi mai notate prima?”

Con grande tristezza dovetti rispondere negativamente, infatti mai nessuno mi aveva prescritto una risonanza, ma solo TAC. Il mio primo pensiero andò ai miei figli: se tutti quei buchi fossero stati tumori io sarei morta entro fine anno e non avrei potuto vederli crescere. Mi dissero però che non erano tumori, ma nella peggiore delle ipotesi poteva essere sclerosi multipla.

Mi tornò così la serenità. Bene o male non importava, ma avrei visto crescere i miei figli.

Da li tutto è cambiato, ho iniziato a capire il motivo del mio essere diversa dagli altri e mi sono rilassata molto.

Adesso sapevo e per me era importante conoscere finalmente la verità.

A novembre 2010 ho avuto un primo attacco che mi ha portato in ospedale per un ricovero di 3 settimane a causa di grandi problemi di deambulazione. Mi diedero una nuova diagnosi di epilessia e sclerosi multipla e l’anno successivo mi diagnosticarono anche la sindrome fibromialgica.

In quel periodo ho cominciato ad seguire i trattamenti convenzionali per queste patologie.

La terapie convenzionali ed effetti collaterali

Per la fibromialgia mi hanno prescritto Lyrica 50 mg, due volte al giorno, che però non mi toglieva i dolori e mi rimbambiva oltremodo e così dopo 4 mesi l’ho interrotto e poi l’Indometacina, un antinfiammatorio potente in supposta, che al momento dell’assunzione mi causava un’ipotensione profonda che mi obbligava a restare sdraiata per 2-3 ore e ne dovevo prendere per 3 volte al giorno. Ho assunto questo farmaco continuativamente fino a quando non ho scoperto le doti mediche della canapa.

Per l’epilessia prendo, dal momento della diagnosi, il Depakin 200 (2 compresse per tre volte al giorno) e da allora non ho più avuto crisi.

Infine, per la sclerosi, assumo a giorni alterni l’Interferone con conseguenze davvero devastanti. Prima di assumerlo, al momento di andare a letto, devo prendere una Tachipirina e dopo un’ora mi sale la febbre a 40, ho mal di ossa, la testa che scoppia e dolori agli occhi: è un po’ come se il farmaco mi causasse un’influenza artificiale.

Con questo ritmo farmacologico la vita era insostenibile con uno stress ai massimi storici.

Avendo questo costante dolore lavorare era pesantissimo.

La notte non riuscivo a dormire per più di 3 ore e stavo veramente toccando il fondo.

L’impatto della terapia a base di cannabis

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Nel 2011 iniziai ad informarmi su terapie sostitutive ed ad avvicinarmi alla terapia con la cannabis.

Premetto che in vita mia non avevo mai fumato quindi iniziare a 32 anni non sarebbe stato il mio caso. Mi sono messa in contatto con un carissimo amico in Spagna (con la mia stessa malattia) e tramite lui sono riuscita ad avere il farmaco Sativex.

All’inizio dell’assunzione mi sono resa subito conto che qualcosa stava cambiando: ero molto più rilassata, non solo emotivamente, ma anche a livello muscolare e la notte finalmente si tornava a dormire senza sonniferi.

I risultati continuavano ad arrivare, la mia vita migliorava e la dose necessaria per mantenere i benefici ottenuti diminuiva.

Risultati alla mano andai a fare il controllo dal mio neurologo il quale mi disse: “Ma è un miracolo. Che hai fatto per stare così bene?” Così gli spiegai del Sativex e lui mi fissò un altro appuntamento dopo 2 mesi per valutare se i risultati ottenuti fossero rimasti costanti e se la dose per mantenerli avrebbe dovuta essere incrementata.

Dopo 2 mesi andai al controllo e il neurologo non pote che concordare che la cannabis, nel mio caso, unico nella mia provincia, funzionava eccome.

Da allora ho abbandonato i farmaci tradizionali per la fibromialgia e ho cominciato ad utilizzare solo il Sativex, anche se non grazie all’azienda ospedaliera della mia città.

Le difficoltà per ricevere la terapia a case di cannabis ed il mancato rimborso

Il mio neurologo era d’accordo nel prescriverlo e si era fatto portare tutta la documentazione per studiarsi la procedura di importazione, visto che a quei tempi non era disponibile sul mercato italiano, ma il primario non autorizzava la richiesta. Ovviamente con queste resistenze dall’alto, il mio neurologo, anche se davvero splendido sia come persona che come professionista, dovette ritirarsi, e così iniziò la mia battaglia.

Per il primario del reparto di neurologia dell’ospedale ero una drogata immaginaria e se mi avessero fornito il farmaco loro sarebbero stati degli spacciatori. Problema che non si sarebbe nemmeno posto se avessi accettato la morfina.

Secondo il suo parere avrei dovuto farmi prescrivere il farmaco dal mio medico di base e poi seguire l’iter per l’importazione, pagando un flacone di Sativex (che mi sarebbe durato 10 giorni) 430 euro.

Il mio medico di base, interpellato in merito, me lo avrebbe anche prescritto, ma il problema economico mi fermava, visto che non potevo certo permettermi una spesa di 1.500 euro al mese.

Da tenere presente che se invece a prescriverlo fosse stato uno specialista, come il neurologo dell’ospedale, avrei avuto diritto ad ottenerlo gratuitamente.

La terapia a base di cannabis: pro e contro

I benefici riscontrati grazie alla terapia a base di cannabis hanno come contraltare gli ostacoli ed i rischi per avere il farmaco, considerando sempre che poi i costi sono davvero alti.

Di fatto prendendo il farmaco su mia iniziativa e non dietro una prescrizione, se sottoposta a controlli sarei risultata una drogata con tutti i problemi che ne conseguirebbero anche a livello lavorativo.

I costi per me erano insostenibili, ma se si è sani questo non lo si riesce a capire. Il bisogno di stare il meglio possibile è difficile da capire per chi sta bene.

Ho sempre pensato che, se con le buone non sarei mai riuscita ad ottenere il farmaco ed ero disposta ad iniziare a lottare in ogni modo, anima e corpo. Tanto noi malati abbiamo tante di quelle energie in esubero che sprecarle ad urlare nelle orecchie degli inutili cervelli sordi è proprio quello che ci vuole per aiutarci a tirarci su.

Nel 2012 ho passato 6 mesi senza assumere il Sativex e così ho dovuto riprendere i farmaci antidolorifici che purtroppo hanno effetti collaterali pesanti e durano troppo poco.

La qualità della mia vita è peggiorata moltissimo, non dormivo più e tutto di conseguenza.

La prescrizione del Sativex e gli effetti indesiderati

Finalmente, nel dicembre del 2013, il Sativex mi è stato prescritto e dispensato gratuitamente. La mia salute è rimasta stabile, anche perché, anche senza prescrizione, lo assumevo comunque da anni. Il dolore era decisamente più gestibile, a volte, addirittura, non ne avevo, ed era ottimo perché gli antidolorifici erano arrivati al punto di non farmi più effetto.

Nel 2017 è sorto però un problemone inaspettato: dopo anni di utilizzo mi sono sensibilizzata al Sativex, i suoi eccipienti mi irritavano in modo esagerato la mucosa orale e vivere h24 con la bocca e la lingua che bruciavano era durissimo.

Il Sativex potevo averlo senza spese, mentre il galenico ossia le infiorescenze, potevano si prescrivermelo in ospedale, ma senza passarmelo gratuitamente.

Nel mio caso, per curarmi con le infiorescenze, avrei dovuto spendere più delle mie possibilità, quindi ho rinunciato ed ho continuato a dover sopportare il terribile bruciore provocato dallo spray.  Tra questo bruciore comunque, e un dolore insopportabile, mille volte meglio il bruciore.

Quando ho provato le infiorescenze stavo ancora meglio che con il Sativex, infatti agivano migliorando anche la sensibilità, tanto da permettermi di avere una normale vita sessuale.

Ero in crisi economica nera, che senso aveva per la Regione spendere quasi 700 euro al mese per il Sativex (1 scatola con 3 flaconcini da 10 ml), quando con la metà o con poco più avrebbero potuto passarmi il Bedrocan?

Potrei stare meglio, niente forti bruciori alla bocca e loro risparmierebbero. Chi mi spiega la logica di questo ragionamento? Alla fine della storia mi devo arrangiare da sola.

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